La Repubblica - Giorgio Montanari - Abituarsi all'invisibile - Poeti a Parma

La Repubblica: Poeti a Parma incontra Giorgio Montanari – intervista su Abituarsi all’invisibile.

30 APRILE 2022 ALLE 09:12

 

“La vita oggi è un’educazione al tradimento di sé”, scrive nel 1968 Hilde Domin in un testo che nel titolo pone una domanda ancora attuale: “A che scopo la poesia oggi”. Nella società che si automatizza, risponde la scrittrice, “la lirica, questa forza contraria alla direzione indotta, è tanto più necessaria quanto più in pericolo”.

Poeti a Parma, rubrica a cura di Lucia de Ioanna, presenta ogni due settimane un poeta che ha con la città un legame profondo, di origine o d’elezione, dando voce a chi fa della scrittura uno strumento per mettere in crisi e rinnovare la lingua, il pensiero e il mondo, rischiando strade nuove, in direzione contraria a quella indotta.

Questo sabato Poeti a Parma incontra Giorgio Montanari.

 

 

Prima di tutto, cos’è per lei la poesia?

“-Boh!- è la provocazione scritta dall’amico artista Rocco Rosignoli nella postfazione al mio primo libro, Finzioni di Poesia, edito nel 2018. Appurato, come sostenevano Raboni e Buffoni e tanti altri, che la poesia è un linguaggio capace di coniugare parole, musica e significati, nel mio piccolo la poesia è un intenso passatempo (quando la leggo), e un impegno piacevole ma difficile quando provo a scriverla.”

Quando e in che modo è avvenuta la sua scoperta della poesia?

“Alcuni ricordi random: i primi anni di liceo (1996/1997) con i volumetti della Mondadori chiamati “I Miti – poesia”: costavano 3900 lire e li avevo collezionati quasi tutti. Grazie a loro, mi ero avvicinato ad autori tipo Achmatova, Ungaretti, Borges, Caproni, Pessoa. Pochi anni dopo, i poeti maledetti dell’Ottocento francese (Verlaine, Rimbaud, Baudelaire – soprattutto I fiori del male, con la traduzione in rima di Bufalino). Dalla preadolescenza mi sono immerso nella passione della musica, e credo che alcuni testi di canzoni (rock e non solo), per intensità dei temi e per le immagini descritte, possano essere quasi definiti “poesia”. Ma non ditelo a De Gregori, che mi dicono si arrabbi quando si dice così.”

 

Ricorda a che età e in quale occasione ha scritto i primi versi?

“Alle elementari avevo scritto una filastrocca, simpatica, su uno dei miei piatti preferiti, e donai l’unica copia del testo a mia nonna Laura. Fino alla sua scomparsa (2018), quel foglio è rimasto in un cassetto. Quando è stato ritrovato, sia per onorare la nonna, sia per far sorridere altre famiglie, ho costruito un libro per bambini riadattando quel testo e facendolo illustrare da mia moglie, Marianna Salerno. Da un testo giovanile, è nato il mio primo libro per bambini, Pizza Story (Bertoni, 2019).Ai tempi del liceo, come tanti a quell’età, ho iniziato ad abbozzare testi di canzoni e poesie (o presunte tali). I primi anni la produzione era saltuaria, poi, col tempo, con le letture e le ispirazioni, ho preso una certa regolarità. Ed eccomi quindi alla terza silloge, intitolata Abituarsi all’invisibile.”

 

Quali letture hanno influenzato maggiormente la sua scrittura?

“Ogni età ha i propri gusti, e negli ultimi anni prediligo comprare poesia italiana contemporanea. Italiana, per godere della parola senza traduzioni o filtri. Contemporanea, per l’uso della lingua di tutti i giorni (chi oggi si rivolge alla cassiera del supermercato dicendo – Pulzella, quante lire fan i pomidoro, di grazia?- ). Infine, comprando libri usciti negli ultimi decenni, nel mio piccolo supporto gli autori di poesia (ahinoi il genere letterario da sempre meno acquistato sugli scaffali).”

 

Il libro che tiene sempre sul comodino?

“Li cambio con frequenza. Un librone tipo Tutte le poesie 1975-2015 di Milo De Angelis potrebbe essere un volume da tenere volentieri a portata di mano.”

 

Come nasce in lei l’ispirazione e poi come avviene il passaggio alla composizione?

“La scintilla scatta da una singola parola, o rielaborando un concetto che mi ha lasciato un senso di wooow. Qualche volta mi si vede a contare le sillabe con le dita e poi digitare un sms sul cellulare. Lo ammetto, mi mando i messaggi da solo. Un’altra mia forma bizzarra di creatività? Alcuni miei componimenti sono nati da incomprensioni su alcuni testi di canzoni italiane, o da mie traduzioni errate di brani stranieri. E dire che nella vita lavoro come impiegato commerciale estero…”

 

C’è un legame tra i luoghi e i paesaggi della sua vita e la sua scrittura?

“Parlando di scrittura in generale, quindi non solo poetica, tendo a evitare legami molto marcati e preferisco inserire solo qualche richiamo a tempi e luoghi. La controprova? Questo aprile ho esordito in narrativa con Grand Hotel dei Ricordi (romanzo che verrà presentato il 6 maggio alla Feltrinelli della via Emilia) ambientato in un non-luogo e in un non-tempo (pur essendoci indizi che lasciano intuire un periodo storico o un territorio specifico). In poesia, eccetto alcuni testi che dichiaratamente lo sono, cerco di essere quanto meno autobiografico possibile e, fin dove le mie capacità arrivano, tanto più universale.”

 

Che tempi sono questi per la poesia?

“Molti periodi storici provano nostalgia di quelli passati, per partito preso. Per quello che vedo, oggi sono in tantissimi a dedicarsi alla poesia. O a provarci. Ma non è andando a capo che si crea una poesia. Sulla mia pelle sperimento che, su cento testi creati, se ne salvano forse dieci, e dopo parecchi mesi di gestazione e riscrittura.

Il reparto poesia delle librerie è limitato, e lo spazio è dominato dai classici. Ecco perché molti esordienti ricorrono al self-publishing, alle vendite solo tramite canali online e social, il che a volte sminuisce il prodotto e l’autore, specie se non si era confrontato con altri autori.”

 

Come giudica lo stato e il ruolo della critica letteraria oggi?

“L’esplosione dei lit blog sembra abbia ridimensionato gli spazi dalla critica letteraria classica. Segno dei tempi? Ma alcune riviste cartacee che leggo (non cito i nomi, ma, sì, sono longeve) si confermano sempre interessanti. I siti dedicati alla poesia sono più reattivi ma forse più dispersivi, ne seguo comunque alcuni davvero preziosi, che mi hanno permesso di conoscere firme che non avrei notato (e, con alcune delle quali, si è creato un bel rapporto).”

 

Quale interlocutore o lettore immagina per i suoi versi?

“- Ogni lettore, quando legge, legge se stesso – è una frase di Proust, stra-citata. Mi auguro di trovare una manciata di lettori (in generale) e, fra questi pochi che dedicheranno tempo ad Abituarsi all’invisibile, qualcuno che ritrovi qualcosa delle proprie esperienze in quelle pagine

 

Che libro sceglie di regalare, a chi e perché?

“Regalare un libro è un azzardo: quante volte mi sono sentito rispondere – eh, ma non ho tempo di leggere – oppure – oh, grazie, ma chissà quando lo inizierò – . Immaginiamo quindi che rischio sarebbe regalare poesia! In passato ho donato libri dei grandi poeti del Novecento (Borges, Bertolucci, Caproni, …), di qualche maestro moderno (Benedetti, Piersanti, Riccardi, …); per unire design e stile, un bel dono potrebbe essere un volume della collana bianca Einaudi (Anedda, Gualtieri, Accerboni, per citare tre voci femminili contemporanee).”

 

 

Tre poesie tratte da Abituarsi all’invisibile (Giacovelli, 2022)

 

Il tempo divora se stesso

 

Il tempo divora se stesso;

la lancetta svolge il suo compito

nell’indifferenza, mentre domandi

quante persone sarai stasera:

difenderai la maschera, il mantra

di chi accetta che, nel soccombere,

il vento logori se stesso.

Le cose invisibili

Credi a quello che non si vede: al vento

che grida tra i vetri e muove le piante;

al tempo (quel maledetto egocentrico!)

al silenzio (che non è d’oro);

a una voce nel buio. Al buio:

all’oscuro totale che inghiotte –

rispetti il niente che non fa vedere

ma lo senti.

Credi all’anima che muore

con il corpo (ma magari ritorna).

Pensi a cose visibili invisibili

ti ci affidi, invidiando chi lo sa fare.

Credi alle parole

anche se sono solo suono –

e i rumori traggono in inganno.

Alchimie

Foglie al vento si rincorrono,

si perdono, si sfiorano e si prendono

su carta: venature, indelebili.

Occhi chiusi, avvolti nel blu caldo,

a volte sentono gusto tatto battito:

capita quando le persone si bastano

ed è facile far nascere impressioni.

 

L’autore

Giorgio Montanari è nato nel luglio 1982 a Parma, dove vive. Laureato in Trade Marketing e Strategie Commerciali, affianca il ruolo di impiegato commerciale estero a quello di collaboratore giornalista. Ha all’attivo due raccolte poetiche: Finzioni di Poesia del 2018, Nella Purezza del 2019 (entrambe pubblicate dalla Bertoni editore), oltre alla plaquette Impressioni Francesi (Antipodes casa editrice, 2021: edizione limitata e numerata di 39 esemplari, con illustrazioni di Marianna Salerno). In ambito poetico, inoltre, ha curato l’antologia Emilia-Romagna, omaggio in versi e fotografie (Bertoni editore, 2020) e, per la medesima casa editrice umbra, dal 2021 dirige la collana Unisono. Ha pubblicato anche due libri per bambini: Pizza Story, illustrato da Marianna Salerno (Bertoni editore, 2019) e Di tutt’altra pasta, illustrato da Francesco Zatti (Incipit23 editore, 2022). Alcune sue poesie, fotografie e racconti sono presenti su riviste, cataloghi d’arte, blog e antologie. www.giorgiomontanari.it

Abituarsi all'invisibile - Giorgio Montanari
Abituarsi all’invisibile – Giorgio Montanari

 

(Giorgio ringrazia di cuore Lucia de Ioanna,
Per gentile concessione. Articolo originale: https://parma.repubblica.it/cronaca/2022/04/30/news/poeti_a_parma_incontra_giorgio_montanari_non_e_andando_a_capo_che_si_fa_una_poesia-347495885/
Informazioni sulla pubblicazione: http://www.giorgiomontanari.it/poesia/ )

 

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